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Secondo di Castello di Solicchiata 2012

 16,90

Disponibile

Specifiche

Il Castello Solicchiata è da ricordare come il primo taglio bordolese d’Italia vinificato col metodo francese. Nel 1855 il Barone Felice Spitaleri di Muglia mise a dimora sull’Etna tra gli 800 e i 1.000 metri d’altezza, nel feudo Solicchiata, in ampie terrazze vulcaniche, i vitigni bordolesi Cabernet franc Merlot e Cabernet sauvignon gli stessi che ancora oggi producono questo importante vino. Il Castello Solicchiata ricevette il primo premio all’Esposizione di Londra nel 1888, il Grande Diploma d’Onore e Medaglia d’Oro a Palermo nel 1889, Vienna 1890, Berlino 1892, Bruxelles 1893, Milano 1894 e fu la prima fornitura ufficiale della Real Casa d’Italia. Il Barone Spitaleri ebbe il privilegio di potere innalzare lo stemma reale sul detto castello per il progresso enologico del Regno d’Italia. Tutte le vigne sono allevate ad alberello. Il Secondo di Solicchiata nasce con l’idea di affiancare al Castello di Solicchiata un vino più pronto da bere nell’immediato. Vendemmia a mano, vinificazione in tini troncoconici di legno di rovere e maturazione per 2 anni in botti di rovere francese . Riposa almeno 4-5 anni nelle cantine dell’azienda. Chiaro esempio di lunga vita di un vino.

Degustazione

Nel calice di un luminoso rosso granato. Bouquet olfattivo elegante. Regala un tripudio di frutti rossi come ribes nero, mora di rovo, ciliegia, prugna e confettura di frutti di bosco, per poi far emergere sfumature di erbe officinali, la radice di liquirizia, cenni di vaniglia e spezie dolci. Sorso pieno e che pervade il cavo orale con grande maestria. Tannino maturo e setoso. Agile e avvolgente al tempo stesso, rilascia una piacevole scia aromatica prima di chiudere lungo e balsamico.
Castello di Solicchiata
Castello Solicchiata è un progetto unico nel suo genere, ideato a metà dell’Ottocento dagli Spitaleri di Muglia, famiglia di nobile e antichissimo lignaggio: il nome deriva infatti da “Ospedalieri”, cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme e poi di Malta, baroni crociati arrivati sull’Etna per commercializzare vino alla fine del XIII secolo, sulla via del ritorno dal viaggio a Gerusalemme. Illuminati agricoltori, vantano il primato di aver riportato per primi la coltivazione della vite sull’Etna – dopo la sospensione dovuta alla dominazione moresca – e di aver perpetrato l’attività agricola seguendo l’avvicendarsi di diverse dominazioni e culture: dal fiorente commercio altomedioevale fino alla ripresa del XVI secolo. Nel 1855, il barone Felice Spitaleri – il più giovane senatore del Regno d’Italia, tra gli artefici del risorgimento vitivinicolo italiano – concepì una visione tanto ardita quanto fascinosa: costruire sull’Etna uno chateau alla francese, con centinaia di terrazzamenti scavati nella roccia lavica e un modello di produzione all’avanguardia. La sperimentazione delle varietà alloctone francesi fu affidata al più famoso geo-botanico e ampelografo dell’epoca: Padre Francesco Tornabene, afferente alla famosa scuola catanese e fondatore dell’orto botanico del capoluogo etneo; la progettazione architettonica venne guidata da Andrea Scala, l’architetto del teatro Bellini di Catania, che si ispirò proprio ai palchi dei teatri all’italiana per disegnare gli oltre 300 ettari di terrazzamenti vitati.


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